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di Ettore Maccopazza

Platone era conosciuto, tra le altre cose, per l’idea della doppia verità, un’idea che con alcune variazione aveva affascinato studenti e intellettuali dal Medioevo a Marx. Platone pensava che la verità aveva poco a che fare con il mondo fenomenico, il mondo dei fenomeni che appaiono ai nostri sensi, ma aveva piuttosto a che fare con l’idea o le idee delle cose che incontriamo  nella nostra vita quotidiana.

La mia limitata conoscenza filosofica non mi permette di dire dove sia la verità, come la chiama Platone, doppia e se c’è una verità per le masse e una per gli iniziati. Per gran parte della mia vita ho considerato Platone un gran bugiardo e ho sempre vissuto sulla base di una semplice regola di condotta: dato che Platone mente sempre, fai sempre il contrario di ciò che dice. Ma questa volta l’idea di Platone della doppia verità, o piuttosto la sua idea che il mondo delle apparenze fenomeniche era ingannevole, mi sembrava interessante.

L’articolo di quell’economista non sembrava particolarmente utile poiché davo per scontato che una richiesta di un bene continua ad esistere finchè non è soddisfatta. Né ero molto impressionato dal fatto che l’economista avesse cercato, più o meno con successo, di plasmare la relazione tra la persistenza di richiesta nel tempo e la capacità del mercato di soddisfarla.

Eppure il mio giudizio, la mia prima impressione era errata, era totalmente sbagliata. Avevo guardato solo alle apparenze e non mi ero preoccupato di guardare oltre ciò che l’articolo diceva ad un lettore superficiale.

In realtà infatti l’articolo era d’aiuto, come avrei dovuto capire subito, se non fossi stato troppo coinvolto dall’apparente stupidità di un tale rinomato studioso. L’articolo mi dava la risposta per risolvere il mistero dell’improvviso, e inaspettato, successo di Strasser. La chiave per trovare una risposta alle mie domande era proprio lì: c’era davvero una domanda dei libri di Strasser? Questa era la domanda.

L’economista riteneva di sì e per lui la domanda non rappresentava un problema. Ma io cominciai a sospettare che non ci fosse una vera richiesta dei libri di Strasser  e che non ci fossero veri acquirenti. Di certo i suoi libri erano in cima alle classifiche del New York Times, della Rivista di Libri, e si collocavano piuttosto in alto nelle classifiche di vendite di Amazon. Quindi non si poteva negare l’evidenza che i libri di Strasser erano davvero venduti. Milioni di copie venivano vendute. Ma c’erano milioni di acquirenti? Milioni di lettori americani e lettori di tutto il mondo cercavano con tutte le loro forze di acquistare i libri di Strasser? C’era qualcuno davvero interessato all’opera di Strasser? La risposta ad ognuna di queste domande era no, no, no. Non c’era quell’interesse, non c’era una tale domanda e non c’erano lettori in attesa di avere la possibilità di comprare i libri di Strasser.

Non sono sicuro di come raggiunsi questa conclusione, sebbene sapessi perché per me aveva senso. Sapevo che il libro aveva venduto milioni di copie in pochi mesi, eppure non avevo trovato nessuno che avesse letto, comprato o almeno ordinato nessuno dei libri di Strasser. Di certo potevo giustificare questa apparente stranezza dicendomi che, forse, le persone con cui ho a che fare nella mia vita quotidiana non sono un buon esempio del lettore americano, e questo era il motivo per cui, mentre milioni di americani stavano comprando e forse leggendo i libri di Strasser, le mie conoscenze non ne avevano alcuna intenzione. Ma questa, come capisco solo ora, non era la giusta spiegazione. Era plausibile ma non corretta.

Se un libro vende sette milioni di copie, il libro è disponibile minimo per un americano su quaranta. Supponendo che individui con interessi intellettuali, culturali – escludendo i professori universitari – è più probabile che comprino e leggano libri rispetto al pubblico in genere, e dato che la maggioranza dei miei amici, fornitori e clienti lavorano tutti nell’industria culturale, avrei dovuto incontrare al minimo sei o sette persone che avessero letto i libri di Strasser. Ma non era questo il caso. Non solo non li avevano letti ma non li avevano comprati, e non avevano nemmeno intenzione di comprarli, nonostante il fatto che fossero in cima alle classifiche.

Questo era molto strano. Ogni volta che un libro è in cima alla classifica, i lettori lo comprano per vedere di cosa parla, perché le altre persone sono così entusiaste di comprare tale libro e per avere un nuovo argomento di conversazione. Ma questo non era il caso dei best seller di Strasser. Stava vendendo una quantità di copie notevole e nessuno se ne interessava.

Ancora meglio, dopo che Rose-Marie aveva pubblicato l’articolo sul mistero di Strasser sul New York Times, dicendo che il libro stava vendendo ma nessuno riusciva a trovarlo, i lettori americani non erano minimamente interessati a scoprire qualcosa su Strasser e sulla sua opera. Perché?

Perché non c’erano lettori di Strasser da cui cominciare. I suoi libri non erano venduti a persone reali, ecco perché nessun lettore reale parlava del libro con i suoi amici. Il successo del libro di Strasser era una truffa completa. Era falso, artefatto, era un imbroglio.

Qualcuno doveva aver comprato i libri di Strasser per farlo salire in cima alle classifiche, per ragioni che mi erano sconosciute. La domanda era se questo qualcuno stava acquistando tutte le copie in una volta sola o se aveva creato diverse false identità, abbinate a carte di credito, per comprare le pubblicazioni di Strasser in ordini più piccoli e meno evidenti.

Sapevo come scoprirlo. Andai in Internet sul sito di Amazon. Cliccai su rassegna ordini. Mi si chiedeva di inserire la mia e-mail e la mia password. Scrissi l’indirizzo e-mail di Leon A. Freecain e provai, senza successo, varie password – serpenten, ghostau, sahdes. La password doveva essere collegata a tutto il mistero di Strasser, e se la mia supposizione era giusta, doveva avere a che fare con alcuni elementi della storia – il serpente, Audaghost o il Sahara. Ma nessuna di queste password funzionò.

Ebbi un’illuminazione. Se era corretto sospettare che dietro gli ingenti ordini dei libri di Strasser c’era Leon, e dato che lui o lei mi aveva dato molti suggerimenti per trovare la soluzione a questo intricato puzzle, lui o lei probabilmente voleva che io scoprissi che era lui o lei a fare tutti quegli ordini. Da ciò, la password doveva essere qualcosa di molto ovvio. Provai “strasser” ma non funzionò. Provai “Ludwig” ma non funzionò. Provai “strasserl” e “lstrasser” e non funzionò.

Se la chiave del mistero non era il serpente, né la città, né il deserto o Strasser, che cosa poteva essere? Era Leon? Era Free Cain? Ero io? Provai “malef” e funzionò. Passai in rassegna tutti gli ordini. Leon stava ordinando centinaia di copie di ogni libro ogni ora. Ecco perché i libri di Strasser vendevano così bene. La mia supposizione era giusta. C’era solo un acquirente per tutti quei libri. Un acquirente che voleva che i libri di Strasser fossero best seller, che voleva che io notassi questo successo e che pensava che io fossi in qualche modo la chiave per risolvere il problema.

Ma qual era dunque il problema? Se Leon voleva solo che mi accorgessi del successo di Strasser, questo era già avvenuto molto tempo fa. Voleva che scoprissi che lui o lei era dietro a questo successo? Alla fine l’avevo scoperto. Ma perché pensava che fossi la chiave per risolvere il mistero? Non poteva semplicemente dirmi che c’era lui o lei dietro alle imponenti vendite di Strasser? Che cosa dovevo scoprire davvero? Che era tornato dall’Africa cambiato? Aveva trovato qualcosa?

Decisi di scrivere un’e-mail.

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