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by Ettore Maccopazza

Sono sempre stato in disaccordo con Platone. Per Platone la terza età è la parte migliore nella vita di un uomo perché non si è più vittima dei propri istinti e appetiti, e si può così raggiungere una reale saggezza. Non ho mai davvero accettato questa argomentazione. Non ho mai pensato che la saggezza acquisita nella mia terza età potesse compensare la perdita dei capelli, delle persone amate e la compagnia di un corpo quasi sempre dolente.

Eppoi io avevo garn simpatia per gli appetiti, talvolta selvaggi, della mia gioventù. Che cosa avevo guadagnato invecchiando? Decadimento fisico? Bruttezza? Dolore? Solitudine? Non capisco come queste cose possano essere viste come un guadagno.

Ma, devo confessare, di non essere stato del tutto giusto con Platone. Ci sono in effetti alcuni aspetti positivi nell’invecchiare. Perdi la tua forza, perdi l’energia, ma impari ad usarla in modo assennato, impari a minimizzare il consumo di energia, a trovare le cose senza fare troppi sforzi, impari ad essere efficiente.

Buschoff, ovviamente, non mi poteva aiutare ad ottenere più informazioni su Strasser.

Ma quello era un errore mio, non suo. Evidentemente stavo chiedendo alla persona sbagliata.

Nei primi anni Sessanta io e Rebecca eravamo soliti passare la prima parte di settembre in Italia. Passavamo qualche giorno a Capri, ci fermavamo a Roma sulla strada per Venezia, e stavamo a Venezia il più a lungo possibile. Per qualche giorno affittavamo un appartamentino vicino a Cà Foscari. Venezia era fantastica in quegli anni. Aveva un sapore cosmopolita ed era un centro culturale molto vivo. [Lucio Fontana, che aveva lanciato il movimento spazialista, insegnava alla Accademia delle Arti di Venezia. E anche Scarpa, uno dei migliori architetti italiani, insegnava a Venezia. Non ho mai avuto la fortuna di incontrare Scarpa, ma ero benvoluto da Fontana, che avevo incontrato attraverso un giovane gallerista di Verona.]

Comunque Venezia era un posto molto vivace, uno di quei posti dove potevo trovare le cose che stavo cercando, dove potevo incontrare persone che condividessero i miei interessi e le mie passioni.

Rebecca mi amava, ma non ha mai realmente capito che cosa significasse per me il collezionismo. Accettava le mie collezioni perché erano parte di me, ma non le ha mai capite. E probabilmente non le piacevano nemmeno. Aveva imparato a conviverci allo stesso modo in cui si impara a convivere con il mal di schiena. Sono tutti dolori a ci si abitua.

Ma a Venezia potevo trovare persone come me. Uno di loro era un giovane da Duesseldorf, che poi aprì una bellissima libreria dietro Marienplatz, a Monaco: il mio amico Fritz Jacob. Fritz era la persona giusta a cui chiedere, era il solo che avrebbe potuto sapere qualcosa a proposito di Strasser.

“Fritz”

“Sì”

“Hai mai sentito un certo Ludwig Strasser?”

“Sì”

“Sai chi è?”

“Sì”

“Hai dei suoi libri?”

“Sì”

“Non venderli. Prendo un aereo in serata e sarò lì domani. Non venderli, d’accordo?”

“Qualcosa non va?”

“No, non credo, solo non venderli”

“Come vuoi”.

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